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Fiera che vorrei: Agrifood, Formazione e Turismo

– di Antonio Torretti –

In un numero interamente dedicato alle eccellenze dell’agroalimentare di Galatina, condivido la mia visione di recupero dell’ex quartiere fieristico della città. Premetto che molte persone conoscono il mio pensiero, avendolo sempre partecipato affinchè qualcuno potesse ragionarci realmente. 

Il mio sogno di Fiera è un hub per l’agroalimentare, in cui convivono il settore della produzione, della trasformazione, della formazione, della ristorazione e fieristico nel cuore del Mediterraneo, a Galatina.

E se fosse proprio Galatina il punto di partenza per un nuovo concetto di agroalimentare, che partendo dalla tradizione, punti sull’innovazione guardando alla sostenibilità? 

Sinora non se n’è mai parlato ma ragioniamoci bene: quali sono le immagini che vengono in mente a coloro che sentono parlare di Salento? Certamente il turismo, soprattutto quello estivo, ma che negli ultimi anni sta conoscendo un po’ di quella destagionalizzazione auspicata, in un territorio il cui clima è sempre favorevole.

La seconda immagine è quella legata all’agroalimentare, alle tradizioni gastronomiche, ai prodotti di eccellenza, alla cucina variegata. I prodotti che vengono consumati nei ristoranti e nei locali salentini, ma anche acquistati dalla filiera della trasformazione orticola, elemento imprescindibile dell’economia nostrana.

Perché dunque non concentrare i propri sforzi su quelli che sono due settori trainanti della nostra economia, conosciuti da tutti, a cui dare un nuovo impulso attraverso un hub dedicato?

Garantire servizi alle aziende del comparto, focalizzando l’attenzione anche sulla logistica, offrire opportunità di realizzare start up nella new economy con aziende che puntino a valorizzare i nostri prodotti anche all’estero, investire nella formazione mirata facendo conoscere la nostra cucina a appassionati e professionisti in corsi specifici o master class tematiche (vi immaginate una master class sul pasticciotto a cura dei nostri maestri pasticceri?), favorendo anche la collaborazione con gli istituti alberghieri locali e gli scambi con quelli di altre aree (abbiamo l’area del Mediterraneo come territorio di riferimento).

Incentivare forme di produzione nei terreni circostanti, valorizzando le produzioni orticole che potrebbero trovare canali di commercializzazione tradizionali ma anche essere utilizzate, trasformate, dalle aziende locali (non c’è bisogno di dettagliare la qualità e la varietà di aziende presenti) per essere poi somministrate anche in loco.

Si, in loco. Perché un luogo deputato alla valorizzazione delle eccellenze locali (si pensi all’olio, al vino, alla patata, alla cicoria ed a tutti i prodotti della tradizione dolciaria galatinese) sarebbe impensabile non offrire tali prelibatezze ad avventori presenti per partecipare alle attività proposte dal polo agroalimentare o giunti appositamente per partecipare a delle degustazioni tematiche di produttori, o eventi fieristici mirati.

Ebbene sì le fiere, quelle così tanto discusse, quelle che sicuramente possono adattarsi e trarre beneficio da spazi ripensati a tal scopo. Sarebbe un modo per recuperare eventi “migrati” in altri siti o proporne di nuovi (la nostra città non ha mai avuto fortuna in questo, ricordate i tentativi con la sagra della patata o la sagra delle sagre?).

Si pensi all’innovazione di realizzare una piattaforma digitale mirata al settore agroalimentare! Potrebbe forse essere un modo per sperimentare un nuovo modo di distribuzione, tra produttore e produttore e tra produttore e consumatore. In altre parti del mondo questo modello è risultato vincente, con profitti da parte dei soggetti coinvolti, in Italia non è ancora partito: potrebbe essere una occasione da non perdere per portare concreti vantaggi in termini di risparmio, ma anche di impatto ambientale e sociale.

Già è vero i soggetti attuatori. Chi dovrebbero essere i folli che mettono in campo questo sogno? Certamente un soggetto pubblico privato col partneriato di Università, ITS ed altri enti. Una gestione polivalente che intervenga sui vari aspetti delle attività. Diverse competenze unite per dare redditività ad un ex quartiere fieristico che vive solo, ormai e purtroppo, nei ricordi.

A qualcuno piacerà, qualcuno storcerà il naso, qualcun altro griderà allo scandalo. Certamente i pareri possono – e devono – essere diversi, ma sarebbe importante sentirli tutti, prima di scegliere soluzioni o vedere realizzati altri progetti, magari più avveniristici e forse anche meno sostenibili.

Dal mio punto di vista, l’ipotesi accennata in questo articolo potrebbe essere una strada, perciò ho chiesto a qualcuno che magari possa avere una visione e, soprattutto, un interesse verso questo progetto. A dir la verità l’ho fatto due anni fa, alla vigilia della tornata elettorale, e mi sono rivolto allo Chief Executive Officer Real Estate and Infrastructure di Azimut Libera Impresa con questo quesito:

Buongiorno, mi chiedevo se un sito collocato in Salento, fino a qualche anno fa adibito a manifestazioni fieristiche, potrebbe essere di interesse per lo sviluppo di un hub con una precisa progettualità che punti alla valorizzazione dell’agroalimentare.
Grazie se vorrà rispondermi e sarei lieto di un confronto per capire l’interesse a lavorare in questa direzione.

La sua risposta: Buongiorno, in linea di principio può essere interessante.
Necessario che l’iniziativa possa essere valutata nella sua interezza con indicazione della tipologia e costi di intervento e, soprattutto, di chi potrà gestirla e a che condizioni.
Se pensa ci siano le condizioni per un approfondimento, può scrivermi.
Buona giornata e grazie per il messaggio.

Ma forse si è trattato solo di una risposta di cortesia, non ci avevo pensato. E voi cosa ne pensate invece? Avete una idea diversa per recuperare e rilanciare la nostra Fiera? Si apre la discussione sulla nostra pagina FB.

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